Il profumo dei ricordi – Parte 2

Il profumo dei ricordi – Parte 2

PARTE PRIMA

“Anna, tesoro, cos’hai?”

Esclamò perplesso suo marito Guido – “Ti sei spenta all’improvviso…”. Anna mangiava la sua bistecca al sangue lentamente, guardando il vuoto, infilzava i bocconi di carne e patate con la forchetta, mentre l’altra mano era poggiata sul tavolo di legno. Il ricordo di suo padre l’aveva catapultata nel passato, era lì, nel salotto della sua vecchia casa di campagna. Anna ricordò.

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“Papà, oggi ho dato un esame, il professore ha confermato il trenta” – diceva gioiosa al padre, il volto di Anna emanava una luce brillante tanto era felice. “Beh non è abbastanza, potevi fare di meglio, visto che non hai la lode!” – Tuonò Massimo, il padre – “Anna, devo sempre spiegarti come si fa? Agli esami devi sempre sapere tutto, ogni cosa! Non puoi lasciarti sfuggire nulla! Non va bene, al prossimo esame voglio la lode, gli altri devono vedere che mia figlia non è un’incapace!”.

Le parole di Massimo si trasformarono in tempesta dentro il cuore di Anna.

Aveva gli occhi pieni di lacrime, fissava suo padre seduto sulla poltrona di pelle, mentre leggeva uno di quei suoi soliti libri di filosofia. Occhialuto, burbero, scuro di carnagione, e con i capelli corti brizzolati. Anna fuggì dalla stanza, uscì di casa, e corse con tutte le sue forze. Pioveva fuori, il fango schizzava da tutte le parti, ma ad Anna non importava. Voleva solo fuggire, fuggire da tutto, fuggire dalla sua stessa vita. Da quando il padre si ammalò di cancro Anna sperava in un suo cambiamento, ma ciò non avvenne, nonostante avesse poco tempo di vita. Dava tutta se stessa per lui, per renderlo fiero di lei, sperava nelle sue buone parole, ma ogni volta le restava un secco rimprovero. Voleva solo sentirsi dire “ti voglio bene figlia mia”. Massimo non glielo disse mai, era troppo orgoglioso, troppo duro per farlo.

ChiesaAnna si ritrovò sfinita davanti la chiesa del suo paese, era talmente rabbiosa che sfondò le porte e si diresse subito dal parroco.

“Don Carlo! Don Carlo la prego!”

Ho bisogno di parlarle, è urgente, non ce la faccio più!” – Le parole di Anna si confondevano tra i singhiozzi – “Don Carlo!”. Il parroco spaventato uscì dalla sagrestia  e corse all’ingresso della chiesa: “Anna, cosa è successo? Sei zuppa, aspetta, vado a prenderti degli asciugamani, intanto siedi qui e aspettami”. Don Carlo corse verso l’armadio in sagrestia, lì dentro teneva degli asciugamani per i vagabondi che ogni tanto arrivavano a chiedere asilo per qualche tempo. Ne prese uno colorato, soffice, e lo portò ad Anna. “Ecco figliola, tieni, asciugati. Vieni, mettiti accanto alla stufa, almeno ti riscaldi un poco. Avanti racconta, cosa è successo?”.

Don Carlo è sempre stato premuroso, era come un padre per tutti gli abitanti del paesino: minuto, sulla mezza età, tonaca nera e lunga, con tutti i capelli bianchi. Il viso scavato dalle preoccupazioni, dalle confessioni, dall’età che avanzava lentamente. “Don Carlo, mio padre…ecco…non lo sopporto! Lo odio! Lei mi parla sempre di perdono, ma io non ci riesco! Non posso, no! Lui non mi ha mai detto parole di conforto, lui è sempre stato chiuso, duro verso di me! Lui…” Anna non riuscì a finire la frase che inondò la spalla di Don Carlo di lacrime.

“Anna, vieni con me, prendi quella bottiglia d’acqua”.

Anna obbedì, si asciugò le lacrime, si alzò e prese la bottiglia di acqua che stava sul tavolo della sagrestia. “Sai, sin da quando ero ragazzo mi è sempre piaciuto coltivare le piante, i fiori. E ce ne sono di bellissimi davvero! E..non è facile sai, ognuno richiede delle dosi di luce ed acqua diverse, terriccio diverso, concime, e così via.

La giusta combinazione di queste cose permette al fiore di crescere e fiorire in tutta la sua bellezza, come questi qui, vedi?”. Anna e Don Carlo erano davanti la finestra della stanza, un vasetto di terracotta sul davanzale ospitava una piccola pianticella con dei fiori arancioni bellissimi, dal profumo intenso. “Don Carlo sono bellissimi, lei è davvero bravo..” – Anna osservava sempre più da vicino i fiori – “Anna dammi la bottiglia, vedi, i fiori sono come le persone, coltivati e innaffiati nel modo giusto diventeranno bellissimi e profumati, coltivati e innaffiati nel modo sbagliato puzzeranno terribilmente. Lo sai cosa voglio dire Anna. Il perdono di cui ti parlavo racchiude tutto ciò, è quel modo di capire come si coltiva un fiore. Ogni persona è un fiore, tuo padre ha bisogno di un po’ di concime ecco! Non possiamo cambiare le persone, ma possiamo pregare per esse.

E la preghiera è il concime che serve a te e a lui.

Riuscire a perdonarlo significa prendersene cura, senza giudizio, senza colpe, perchè ogni fiore è diverso da un altro, e deve essere coltivato in un modo speciale.

fiore-arancione Anche tuo padre soffre, e tu, da figlia, devi pregare per lui, per la sua conversione, con la tenerezza di un bambino.”. Anna era impalata, in piedi di fronte Don Carlo mentre versava l’acqua sui fiori, aveva capito. Il perdono era la chiave di tutto. “Don Carlo, io…mi dispiace, ho sbagliato. Mi confessi la prego”. Anna entrò in confessionale: “Nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo…”.

Ne uscì sollevata, era come se volasse, era leggera come una farfalla.

“Grazie Don Carlo, corro subito a casa, si è fatto tardi”. Anna uscì dalla chiesa e corse a casa, era buio e la strada non era molto illuminata. Quando arrivò davanti casa trovò tutte le luci accese, era perplessa. Aprì la porta e chiamò “Papà sono a casa! Papà? Ho bisogno di parlarti, dove sei?”. Nessuna risposta. Anna attraversò il corridoio di casa, era pieno di foto, ricordi di infanzia. Entrò in salotto, e vide il libro di suo padre a terra. “Papà, ti sei addorm…Papà!! Mio Dio!! Papà!! Ti prego svegliati!! NO!!” – Massimo giaceva a terra, gli occhiali rotti erano vicino al suo corpo, il cancro lo aveva portato via da Anna, improvvisamente.

“Anna! Ma ci sei?” – Guido si stava preoccupando – “Tesoro, è meglio che tu vada a letto, ci penso io ai bambini”. “Guido, sì hai ragione, oggi ho passato una giornata pesante, perdonami. Vado, buonanotte tesoro, ti aspetto a letto”. Anna si alzò dal tavolo, la bistecca era quasi intera, le girava la testa. Mentre camminava verso la camera da letto, il profumo. “Papà!” – Anna si girò di scatto, ma non c’era nessuno. I ricordi di Anna erano vivi, tanto vivi da sentirne il profumo.

Il profumo dei ricordi.