L’uomo che si adatta

L’uomo che si adatta

GLI ULTIMI RACCONTI

C’era una volta un ragazzo, era giovane e intraprendente, sognava le stelle nel suo futuro lontano.

Diceva che da adulto, da uomo, avrebbe lavorato tanto, perchè voleva lavorare, sognava di essere indipendente.

Le sue passioni gli avrebbero dato lavoro, voleva fare ciò che più gli piaceva. Era felice di tornare stanco a casa, perchè sapeva che quello per cui faticava gli avrebbe garantito un saldo futuro e uno stipendio, su cui costruire. Divenne grande, finì il liceo e andò all’università. Lo studio era pesante, ma il gioco valeva la candela. Era disposto a sacrificare il suo tempo pur di guadagnarsi il suo futuro. Perchè il futuro si deve guadagnare. Con molta fatica andava avanti negli studi.

Ma la sua famiglia aveva difficoltà a mantenerlo, erano poveri.

Non poteva raggiungere il grande traguardo, quel pezzo di carta che gli avrebbe potuto aprire le porte del lavoro, il suo lavoro. La gente si impoveriva, e il ragazzo, ormai uomo, cominciò a fare i conti con la realtà, con la vita. “C’è crisi” – dicevano – “bisogna stringere la cinghia”. La società cominciava a licenziare uomini e donne, la società e i potenti producevano povertà, vendevano morte.

L’uomo allora ritornò al suo passato.

Ricordò i suoi sogni, le sue passioni, le sue promesse, la sua fatica, le sue rinunce, le sue vittorie e sconfitte. D’un tratto vide infranto tutto, la società lo aveva ingannato, erano tanti demagoghi che sputavano frasi fatte, ma che sapevano la verità. Era disperato, aveva perso tutto, non aveva niente. Nessuno poteva restituirgli i suoi sogni.

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Allora smise di guardare al futuro, vedeva un grosso buco nero, un burrone. Cominciò a pensare al presente, si rese conto di ciò che aveva, dei buoni valori, della buona famiglia, della fede, di tutto ciò che di buono aveva imparato dagli altri e dai suoi errori. Cominciò a mettere da parte i suoi sogni, perchè la società, i potenti, non se ne fanno nulla dei nostri sogni. Essi non producono soldi. Ma quel ragazzo sognava solo un pizzico di felicità. Capì, allora, che spesso nella vita bisogna scendere a compromessi, a volte siamo obbligati.

Cercò nel tempo tanti lavori, e riuscì a trovarne uno, stabile.

Lavorava in una panetteria di città, stava 6 ore dietro un bancone a vendere del buon pane di casa, fresco. Quando poteva arrotondava il suo stipendio, quando poteva correva in un condominio lì vicino a lavare le scale. Era stanco, ma nel cuore aveva la gioia, era riuscito a costruirsi una famiglia. E aveva vinto la società. Lui, che sognava di curare gli ammalati, di dedicarsi ai bambini ammalati di leucemia, lui che sognava di salvare le vite, che sognava una missione. Sì, c’è riuscito, adesso salva gli anziani, salva le donne e i bambini, perchè un suo sorriso da dietro al bancone, o con uno straccio in mano, e i suoi occhi, regalano agli altri quella felicità che la società non può dare. Un suo sorriso regala la gioia che gli ha insegnato la semplicità della vita.

Adesso l’uomo medica le anime, e il suo sorriso è la sua medicina.

GLI ULTIMI RACCONTI

This Post Has One Comment

  1. Sentieri di carta

    Questo racconto è davvero toccante. E quanto è bello imbattersi in questi esempi di umanità così vera. A volte sembra che i sogni abbiano tutti lo stesso sapore, e non posso evitare di restare estasiata di fronte all’evolversi della realtà, della vita che ci da sempre le sue risposte e ci porta là dove dobbiamo arrivare. Là dove c’è bisogno di noi. Non so se questo sia un racconto autobiografico..in ogni caso ti faccio i miei complimenti.
    Non voglio farmi pubblicità ma anche io scrivo e come te ho un blog…se ti va di passare ti lascio il mio link http://www.sentieridicarta.it
    grazie per questa bellissima storia!!!!

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